IL NANO NERINO NUOTA. Così recita la “frase bersaglio” che presenta la lettera N ai bambini di classe prima nel percorso di apprendimento dell’alfabeto. Tecnicamente la frase è prefetta. È breve, ha tante sillabe semplici con la consonante N che si unisce alle vocali A, O, E, U, il predicato esprime un’azione concreta vicina all’esperienza dei bambini e il soggetto è un personaggio che appartiene al fantastico mondo delle fiabe che da sempre affascina grandi e piccini.
Ricordate? Biancaneve e i sette nani, Il nano Tremotino, i Nani della Terra di Mezzo di Tolkien… Il nostro immaginario è affollatissimo di Nani. Sono i migliori minatori del mondo, costruiscono le loro città nelle viscere della terra, escono all’aperto solo di notte e in queste rare occasioni emanano una fioca luminosità per guidare le persone di animo buono nei pressi di una miniera d’oro. Attenzione però a non toccar loro la barba, ne hanno una gran considerazione e, forse proprio nella barba, sta il segreto della loro pluricentenaria longevità.
Bene, la nostra frase sembra okay. E invece non è così e qualcuno si risente. Nasce la polemica e ad essere messo sotto processo è proprio il nostro povero Nano Nerino!
La parola “nano” (insieme a tante altre parole che fanno parte del linguaggio comune come “grasso”, “brutto”, “piccolo”, “vecchio”) si scontra con la sensibilità del tempo che porta a riconsiderare tanti modi di esprimersi che, è vero, sono sempre stati offensivi, ma che un tempo erano considerati normali.
Nella società attuale è sorta l’esigenza di edulcorare il linguaggio allo scopo di non offendere nessuno e tutto ciò che oggi è ritenuto “troppo forte” è stato limato, specialmente nel campo della letteratura dell’infanzia. È recente il caso dello scrittore Roald Dahl, autore di favole celeberrime come La fabbrica del cioccolato e il Grande Gigante Gentile. La casa editrice britannica Puffin ha infatti deciso di ripubblicare i libri dell’autore eliminando tutte le espressioni ritenute offensive.
La rivisitazione delle fiabe classiche allo scopo di adeguarle al linguaggio del “politicamente corretto” è una questione aperta e controversa che ha ripercussioni anche nel campo dell’editoria scolastica, come dimostra la storia del Nano Nerino. Se da una parte c’è la necessità di non discriminare e offendere nessuno dei possibili lettori, dall’altra c’è il rischio di perdere personalità e di snaturare e compromettere l’integrità dell’opera. Inoltre c’è da dire che, nello spirito del politicamente corretto, alcune fiabe e racconti popolari andrebbero censurati totalmente per la violenza delle storie raccontate e la crudeltà dei personaggi. Adulti crudeli, vendicativi, violenti, con desideri meschini… pensiamo ai genitori di Pollicino che abbandonano i figli nel bosco per scaricarsi della responsabilità di sfamarli, alla matrigna di Biancaneve che ordina al guardiacaccia di uccidere la bambina e di portarle il cuore come prova!
Nella interessantissima opera Il mondo incantato, lo psicoanalista Bruno Bettelheim analizza il linguaggio delle fiabe e spiega che i contenuti più inquietanti sono anche i più significativi e possono aiutare il bambino a confrontarsi con se stesso e ad affrontare e placare paure e inquietudini. Secondo lo studioso, le fiabe non nascondono i pericoli della vita e rappresentano una sorta di palestra virtuale dove il bambino incontra e combatte il male immedesimandosi nel protagonista buono. Questa battaglia, combattuta su un terreno immaginario dove tutti ci muoviamo con maggiore padronanza, fortifica il bambino e lo prepara ad affrontare le sfide della vita reale. Le fiabe danno coraggio ai bambini, insegnano che la paura e i pericoli vanno affrontati con fiducia e non sfuggiti o ignorati.
Il racconto fiabesco, privo di buonistiche censure, diventa così un fondamentale strumento di crescita e di consapevole confronto con il mondo degli adulti.
Già parecchi anni fa il grande Clint Eastwood nel suo bellissimo film “Gran Torino” ha voluto porre in risalto come dietro un linguaggio colorito e atteggiamenti poco diplomatici, possa esistere un animo generoso, non indifferente e capace di grande umanità. Diversamente, i sostenitori ad oltranza del politically correct sono convinti che un linguaggio garbato e incolore produca poi comportamenti garbati, empatici, generosi. Ma purtroppo non è così. Assistiamo, sempre più di frequente, al verificarsi di episodi di violenza, intolleranza e razzismo che coinvolgono le nuove generazioni di adolescenti. Ragazzi e ragazze poco più che bambini, cresciuti sotto la campana di vetro del buonismo e del politicamente corretto, stupiscono gli adulti per la gratuità e la ferocia delle azioni criminali di cui sono capaci!
È corretto, anzi necessario, auspicare una società democratica, pluralista e inclusiva, in cui le minoranze siano accolte e tutelate e dove la diversità sia considerata una ricchezza e non una minaccia, ma non la realizzeremo né togliendo forza e colore alle parole né con la censura delle fiabe.
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