Mario Lodi scrive, nell’introduzione all’Alfabetiere poetico pubblicato nel 1994 dalla Casa delle Arti e del Gioco:
“La poesia non è un linguaggio naturale del bambino, come il disegno, la parola e il gioco del teatro inteso come rappresentazione immaginaria di situazioni in cui egli assume ruoli diversi, linguaggi che i bambini scoprono e usano nei primi anni dell’infanzia, prima ancora di andare a scuola. Ma nel bambino c’è un atteggiamento simile a quello del poeta, di fronte ai “misteri” del mondo che scopre un poco ogni giorno e ai sentimenti che prova nell’universo affettivo in cui vive. Conoscenze, sensazioni e sentimenti che formano la sua prima cultura. E può accadere che, se vicino a lui trova persone adulte che lo ascoltano, gli parlano e gli donano il “magico gioco” per decifrare le parole e per esprimere il proprio pensiero, nei momenti occasionali d’incanto, di gioco o di forte partecipazione emotiva, le parole possono diventare poesia”.
Se proviamo a sostituire le parole contenute in segmenti linguistici ricavati dai testi e a sostituirle con altre, i bambini scoprono che ci sono diversi modi di esprimere la stessa cosa, usando parole diverse di significato simile. Qualche volta le parole usate o messe vicine possono sembrare “strane”, ma generano sensazioni belle e coinvolgenti. Effetti particolari si possono ottenere anche eliminando qualche parola: il pensiero così può diventare più incisivo, più vivo. Però non è più un pensiero espresso nei modi che si usano tutti i giorni per parlare fra noi, è qualcosa di diverso, perché magari “dice una cosa per dirne un’altra”.
Questa ambiguità, che è anche ricchezza, interessa e coinvolge. Sempre nell’Alfabetiere poetico ci spiega ancora Lodi: “La poesia nasce quando diversi fattori si combinano insieme in momenti di tranquillità e in un’atmosfera di amicizia e di ascolto dei desideri e dei bisogni interiori dei bambini. È lì che l’immaginazione è stimolata a vedere con occhi diversi dal solito. La fantasia trasforma le cose, cambia il significato delle parole con le metafore, usa forme originali e personali per dire ciò che ognuno sente. Nasce così il linguaggio poetico che in principio può essere solo un gioco di parole, ma poi, man mano che i bambini arricchiscono la loro esperienza, diventa espressione dei loro sentimenti”.
C’è posto oggi, nella scuola, per la poesia?
Nel contesto sociale e culturale in cui vivono oggi i bambini c’è ancora la sensibilità necessaria per capire questo particolare modo di vedere e di raccontare il mondo? Come ci suggerisce Mario Lodi, dobbiamo creare le condizioni perché questo avvenga.
Ma dove possiamo incontrare stimoli che ci invitino a misurarci con il linguaggio poetico? Sicuramente a contatto con la bellezza e l’originalità della natura, ma anche dentro di noi, analizzando il modo in cui viviamo le nostre emozioni e le relazioni con gli altri. Immersi nella natura oppure capaci di guardare profondamente e intensamente in noi stessi, troviamo immagini poetiche già pronte per essere colte oppure è necessario fare qualcosa per stimolare le capacità creative dei bambini che permettano di “riconoscere i fili” che legano elementi in apparenza lontani fra loro?
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Riferimenti bibliografici
Articolo di Aldo Pallotti tratto dalla rivista per la Scuola Primaria Scuola Maestra n. 2, Settembre 2022, Anno II, pag. 93-115, LS Scuola
Direttore scientifico: Tiziano Pera
Redazione: Associazione “Il Baobab, l’albero della ricerca”