La giornata è perfetta: sole, cielo azzurro, mare calmo, caldo sì, ma non troppo; mi allungo sulla sabbia fortemente intenzionata a rilassarmi in tutta questa meraviglia.
Mentre me ne sto placidamente sdraiata al sole, percepisco un movimento incerto e intravedo dei piedini che avanzano indecisi verso le file di ombrelloni. Lo sguardo smarrito sotto i capelli biondi un po’ crespi e il costumino rosso ancora bagnato, è una bambina di circa sei sette anni. Repentino, si risveglia in me l’istinto materno e scatto in piedi, pronta a dare soccorso e protezione, ma proprio mentre sto per farmi avanti, dalla riva si leva un richiamo: “Ireneeee!!! Ma dove vai??? Vieni qui, il nostro ombrellone è da quell’altra parte!“. Seguo la bambina con lo sguardo. Ancora agitata la donna, presumibilmente la madre, la rimprovera ad alta voce: “Perché sei andata a destra, se il nostro stabilimento è a sinistra? Non vedi che quegli ombrelloni lì sono gialli, mentre il nostro è verde?“.
Fa bene quella mamma a indicare alla figlia i punti di riferimento a cui deve prestare attenzione per orientarsi sulla spiaggia, e fa bene anche a concederle un po’ di libertà di movimento per abituarla a spostarsi consapevolmente nello spazio.
Già dal secolo scorso Jean Piaget ci ha insegnato che lo spazio, prima di essere una dimensione del sapere, è una dimensione dell’esperienza* e ci ha dimostrato che le esperienze motorie sono fondamentali per l’interiorizzazione dei concetti spaziali, quali avanti-dietro, destra-sinistra, dentro-fuori, che si acquisiscono solo se sperimentati con il proprio corpo.
È vero, il cervello prende sempre il corpo come punto di riferimento per orientarsi; provate a chiedere agli alunni di classe terza o quarta di scuola primaria di pensare al punto cardinale nord, molto probabilmente li vedrete tutti alzare gli occhi al cielo per guardare sopra le loro teste!
Secondo molte ricerche il senso dell’orientamento è innato, tuttavia questo non significa che non possa essere allenato. Nel saggio Il cervello trova la strada, edito da Corbaccio, Michael Bond, scrittore e giornalista scientifico, ci dice che esercitare la nostra capacità di orientamento ha effetti positivi sul cervello e in particolare sull’ippocampo, regione che svolge un ruolo importante nella memoria e nella navigazione spaziale.**
Già nei primi anni di vita, quando ci aggiriamo seguendo le nostre curiosità, apparentemente senza meta, forniamo impulsi al nostro sviluppo cognitivo. Questo perché l’attivazione delle head direction cell, le cellule responsabili del nostro senso dell’orientamento, è collegata al movimento della testa. Quindi la nostra attività in uno spazio fisico reale permette al cervello di creare più facilmente delle mappe mentali che ci permettono di orientarci anche in luoghi sconosciuti. Orientarsi nello spazio è importante. Forse non ne va della nostra sopravvivenza, come per i nostri antenati che si procuravano il cibo spostandosi in ambienti sconosciuti e ostili. Ma una parte della nostra identità è certamente legata al sapere dove siamo e dove vogliamo andare.
Per questo è un peccato che oggi i bambini, a differenza dei loro genitori e dei loro nonni, abbiano sempre meno possibilità di esplorare il mondo. È vero che i tempi sono cambiati e che l’ambiente urbano può sembrare ostile e pericoloso, ma in tutte le occasioni in cui è possibile farlo in sicurezza permettiamo ai bambini di muoversi da soli, anche allontanandosi. E incoraggiamo tutte le attività all’aperto in cui si allena il senso dell’orientamento, come lo scoutismo o l’orienteering, una disciplina sportiva che combina velocità e capacità di muoversi sul territorio seguendo una mappa.
* Si rimanda,a tal proposito, a questo interessante articolo (LINK)
** Michael Bond, nato a Newbury nel 1926, è autore di oltre cento libri, tanto che per la sua opera nell’ambito della letteratura per ragazzi nel 1997 gli è stato conferito l’OBE (Ordine dell’Impero Britannico). Nel 2002 la National Portrait Gallery di Londra lo ha incluso tra i più grandi autori per ragazzi del Novecento. Tra le sue opere compare quella di un orsetto amatissimo dai piccoli lettori, Paddington.