Nella “Giornata Mondiale della Televisione” vogliamo ricordare Alberto Manzi, geniale maestro elementare che, intuendo la potenza del nuovo medium, insegnò negli anni ’60 a leggere e scrivere a quasi due milioni di italiani. Molti studiosi hanno poi sostenuto che la vera unità d’Italia, a partire dalla diffusione di una lingua comune, sia merito dei personaggi famosi del piccolo schermo, più che di Cavour e Garibaldi.
Oggi la realtà è affatto diversa. La televisione ha subito una grande rivoluzione negli ultimi 20 anni: da un palinsesto pensato dagli editori, si è passati alla costruzione di una agenda personalizzata in cui uno spettatore multitasking sceglie tempi, dispositivi e contenuti. L’incontro tra Internet e Tv, la contaminazione con i social network, mettono al centro il telespettatore.
A caccia di audience
Ma non è soltanto la multimedialità ad avere mutato la pelle della televisione. Soprattutto i contenuti sono profondamente cambiati, con l’avvento delle reti commerciali, vere e proprie aziende che fanno profitti con la raccolta pubblicitaria. I contenuti sono sempre più funzionali agli indici di ascolto e sempre meno alla qualità di quanto messo in onda. Anche le reti pubbliche, purtroppo, hanno inseguito le televisioni commerciali a caccia di audience, riducendo nettamente il livello culturale dei propri programmi e del pubblico.
La Tv e la connessa multimedialità sono un mezzo, e come tutti i mezzi può essere usato bene o male. Certo è che al giorno d’oggi è definitivamente tramontata l’illusione positivista degli anni ’50 che individuava nella Tv un potente mezzo di crescita culturale di massa. Al contrario, i contenuti fruibili con la Tv ed il web, sempre più schiavi delle logiche commerciali, sono per lo più poveri, banali e tali da stimolare le peggiori pulsioni individuali (violenza, pornografia, ecc.). Il linguaggio veloce ed emozionale tipico delle teletecnologie è responsabile del crescente impoverimento del pensiero critico. La scomparsa dei tempi (come il congiuntivo e le forme composte del futuro) è tipico dell’ipnotico linguaggio televisivo ed ha imposto il “pensiero del presente”, del momento, incapace di proiezioni nel tempo. Come osserva tra gli altri Tullio De Mauro, nell’epoca multimediale si utilizzano sempre meno parole e verbi coniugati, con la conseguente incapacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero articolato attraverso la ricchezza delle parole. E con un linguaggio povero anche il pensiero diventa povero e sempre meno critico.
L’importanza di educare i bambini all’uso delle tecnologie
Il filosofo Karl Popper ha giustamente sottolineato questo enorme potere della Tv, “un potere politico colossale” che dovrebbe essere messo sotto controllo perché tale da “inficiare qualsiasi democrazia e favorire regimi assolutistici”. Da qui la necessità, sottolineata ancora da Popper, di educare i bambini all’uso della Tv e delle altre tecnologie della comunicazione, che hanno ormai assunto ruoli sostitutivi e suppletivi dei genitori, cambiando la sensibilità dei più piccoli, inculcando modelli irreali di comportamento, dando vita ad una insidiosa e volgare omologazione culturale che si esprime in situazioni comunicative, stili di vita e comportamenti mutuati acriticamente dai programmi a cui si è assistito. Le teletecnologie sono in continua espansione e si può prevedere che esse influenzeranno il nostro modo di vivere futuro ancor più di quanto non l’abbiano fatto in passato. Il “grande fratello” è ormai ben presente nel nostro quotidiano e sono ampiamente documentati i disturbi fisici e le sofferenze mentali di cui soffrono moltissimi bambini, direttamente riconducibili all’eccessiva esposizione ai programmi spazzatura che oggi impazzano sul piccolo schermo.
Più coscienza critica
Si tratta di questioni di enorme rilevanza che non possono essere affrontate in breve. Ci limitiamo ad osservare che il problema pedagogico centrale riguarda il buon uso delle tecnologie della comunicazione da parte dei bambini. Usare bene il mezzo televisivo significa acquisire una coscienza attiva, la capacità di distinguere il vero dal falso, la capacità di essere obiettivi, crescere nella libertà interiore, nel distacco da emozioni troppo immediate e coinvolgenti. Sta all’educazione realizzare un lavoro di analisi, resistenza e contro-interpretazione, fare in modo che l’evoluzione delle teletecnologie avvenga in direzione di un miglioramento e di una crescita sociale in termini di una maggiore umanità e di una coscienza critica e democratica. La drammatica alternativa è stata già lucidamente disegnata da Popper e non solo…