Per Epicuro “di tutte le cose che la saggezza procura per ottenere un’esistenza felice la più grande è l’amicizia”. Per Alessandro Manzoni “una delle più grandi consolazioni di questa vita è l’amicizia e una delle consolazioni
dell’amicizia è quell’avere a cui confidare un segreto”. Secondo Aristotele nell’amico vediamo noi stessi e vediamo realizzate le virtù che vorremmo avere.
Potremmo continuare a lungo, perché l’amicizia è tra gli argomenti più sentiti dall’uomo e più trattato da poeti, filosofi e scrittori. Eppure, nel mondo contemporaneo, numerose ricerche avvertono che l’amicizia è un bene sempre più raro e farsi dei veri amici, non semplici conoscenti, è sempre più difficile. I motivi? L’amicizia è un seme che per crescere ha bisogno di empatia, interazioni ripetute e di un contesto che incoraggi le persone a confidarsi avendo fiducia l’una dell’altra. Presupposti che nell’era dell’alienazione, dei lavori totalizzanti, della frenesia fasulla e degli spersonalizzanti social network sono sempre più difficili da trovare. In un’epoca in cui tutti si impegnano ad essere sempre impegnati, risulta difficile vivere quel contesto di ozio creativo e genuina convivialità in cui germina l’amicizia disinteressata. Nelle società contemporanee l’amicizia è confusa per lo più con una comunanza di interessi con i colleghi, si parla di lavoro anche a pranzo e nel tempo libero, mentre si sta perdendo la dimensione del giocare, oziare, fare pausa come momento conviviale.
La pedagogia dell’amicizia
L’amicizia, intesa come otium e cura di sé nel rapporto con gli altri, è infatti in naturale contraddizione con il negotium. Chi dedica una parte del proprio tempo all’otium non produce, non compra, non spreca, non alimenta la spirale del profitto su cui si fonda il modello sociale dominante che non vuole cesura tra vita privata e lavorativa, ma ci vuole consumatori a tempo pieno. E poi la questione della “mobilità del lavoro”: chi è costretto a trasferirsi per lavoro perde quasi sempre le vecchie amicizie e fatica a tesserne di nuove, se non nel superficiale ambito professionale. In definitiva, l’amicizia pura, fine a se stessa, disinteressata, è sempre più rara, travolti come siamo dalla frenesia della vita moderna, dal mito della competizione, della carriera e del successo.
Eppure sarebbe importante promuovere una pedagogia dell’amicizia. L’amicizia disinteressata aiuta i bambini a far crescere la loro capacità di ascolto e di sintonia con l’altro da sé, sviluppa sensibilità sulle loro sensazioni fisiche ed emozionali ed anche rispetto a quelle dei compagni. L’amicizia migliora la felicità e abbatte l’infelicità, col raddoppiare la nostra gioia e dividere il nostro dolore. L’educazione all’amicizia è educazione alla cooperazione, ad offrirci l’un l’altro fiducia, sostegno e solidarietà indipendentemente da ogni possibile utilità. Se capissimo che praticare l’amicizia disinteressata ci renderebbe più felici, saremmo meno competitivi e più disponibili nei confronti degli altri. Chi semina amicizia raccoglie felicità, e solo così si può costruire un mondo migliore. Ecco perché è essenziale formare alla cooperazione ed alla solidarietà, attraverso comportamenti che implicano empatia, condivisione e tolleranza. Sarebbe migliore la Terra se le relazioni tra i terrestri fossero fondate sul valore dell’amicizia solidale.
È forse utopia in un Mondo in cui sempre di più homo homini lupus? Utopia è ciò che non è mai stato sperimentato … mai arrendersi al pensiero unico!