Il 20 dicembre si celebra la Giornata internazionale della solidarietà umana, istituita dalle Nazioni Unite nel 2005, esattamente tre anni dopo la creazione del Fondo di solidarietà mondiale. L’obiettivo del fondo è quello di eliminare la povertà estrema nei paesi che in Occidente si continuano a definire ipocritamente “in via di sviluppo” ma che in realtà sono sempre più avvitati in situazioni di drammatica indigenza. Cosa celebriamo oggi? Da celebrare c’è ben poco e possiamo soltanto esprimere l’auspicio che la solidarietà sia valore universale alla base delle relazioni tra i popoli e valore imprescindibile della convivenza sociale. L’obiettivo dell’ONU è rendere la solidarietà il pilastro della relazioni internazionali, facendo sì che le azioni di cooperazione solidale siano utili a risolvere i grandi mali della Terra: le guerre, la povertà, l’inquinamento, le crescenti diseguaglianze sociali. Un auspicio che appare come una beffa amara in un Mondo scosso da oltre 60 guerre e centinaia di sanguinosi micro-conflitti locali. Un conflitto endemico, generato alla radice dalla competizione distruttiva tra Nazioni, per l’accesso alle fonti energetiche fossili ed a risorse sempre più scarse necessarie a sostenere ritmi di sviluppo forsennati e fondati sul modello iper-consumista dei paesi opulenti.
Eppure la solidarietà deve necessariamente restare la stella polare nella speranza che le future generazioni possano avere l’opportunità di costruire un Mondo migliore: “La solidarietà – scrive Noam Chomsky – rende gli individui difficilmente controllabili e impedisce che diventino un soggetto passivo nelle mani dei privati”. Celebrare la nostra unità nella diversità ed accrescere la consapevolezza dell’importanza della solidarietà, dovrebbe essere questo il significato della Giornata. La solidarietà può essere una formidabile arma pacifica in grado di unire le persone che insieme possono opporsi alle iniquità, può essere la base alternativa nella ricerca di soluzioni globali in un mondo dominato dal grande oligopolio dove l’egoismo e la cieca rincorsa al profitto rischiano di portare all’autodistruzione del genere umano. Nei 20 anni trascorsi dalla istituzione del Fondo nessun passo in avanti è stato compiuto, al contrario si sono allargate le disparità sia tra i singoli paesi che all’interno degli stessi. Le istituzioni internazionali ed i singoli stati, proni a giganteschi interessi, non sembrano voler affrontare incisivamente grandi tragedie come il cambiamento climatico e la povertà estrema. L’unica solidarietà possibile deve partire da ognuno di noi, dai piccoli gesti quotidiani, dimostrandoci concretamente solidali con gli emarginati, i poveri, i malati, gli anziani, le vittime di violenza e di discriminazione. Nella inadeguatezza delle istituzioni, solo un piccolo gesto ripetuto da milioni e milioni di persone può aiutare a costruire un mondo di certo migliore.
Ecco perché è essenziale che le famiglie insegnino ai bambini ad essere solidali invece che competitivi, a giocare in squadra invece che da soli, attraverso educazione e comportamenti che implicano condivisione e tolleranza, come altrettanto importante è il contributo della Scuola a rendere tutti partecipi di un destino comune, in cui nessuno deve essere lasciato indietro. Oggi 20 dicembre, in famiglia ed a Scuola, invitiamo i bambini a cercare nel dizionario la definizione di solidarietà, ed avviamo una riflessione su come sarebbe migliore la Terra, meravigliosa piccola navicella nell’immenso Universo, se le relazioni tra i terrestri fossero fondate sul valore della solidarietà. Nessuno escluso.
È una visione utopica, è facile dirlo. Ma quando i grandi della Terra non riescono, dopo anni di discussioni, neppure a mettersi d’accordo su quanto inquinamento dobbiamo continuare a bere, mangiare e respirare, cosa ci resta oltre l’utopia? Utopia ma non passiva autocommiserazione, utopia alla maniera di San Francesco d’Assisi: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.