Il 13 novembre si festeggia la Giornata mondiale della gentilezza e mai come negli ultimi anni si è assistito ad un fiorire di iniziative sul tema, segno dei tempi che viviamo di smarrimento e confusione. È proprio l’effervescenza delle iniziative sulla gentilezza che ne evidenzia un bisogno e quindi una sentita carenza in un’epoca di diffuso malessere, mancanza di ideali e venir meno di tradizionali punti di riferimento. Nelle società pre-capitalistiche la gentilezza era un obbligo ed una scelta: la disponibilità a comprendere i problemi dell’altro, la cooperazione solidale, la ricerca di soluzioni condivise, erano qualità indispensabili per poter sopravvivere nei piccoli borghi dove tutti si adoperavano per il bene comune, ricevendo in cambio la soddisfazione intima di aver aiutato e di poter contare al bisogno sull’aiuto degli altri. Nelle comunità di campagna, fino a non molti anni orsono, ciascuno dava una parte dei suoi beni a chi non ce la faceva, ma oggi lo abbiamo dimenticato ed anzi gettiamo il 30% del cibo nella spazzatura.
Sono i frutti avvelenati di un progresso che ha portato certamente migliori condizioni di vita, ma pure l’inquinamento e nuove malattie, l’urbanesimo che ci fa estranei al nostro vicino di casa, la frantumazione delle famiglie, il consumismo individualista, la competizione e lo stress conseguente. La competizione ha archiviato la gentilezza, sia come buone maniere che nel senso più ampio di cooperazione e generosità, in quanto vecchio arnese del passato simbolo di debolezza e sottomissione. Nel modello della società opulenta le persone di successo sono quelle che più hanno, persone che ostentano sicurezza ed arroganza e si considerano al di sopra di sentimenti come il rispetto e l’empatia, con il conseguente impoverimento dei rapporti umani, evidente pure nelle molteplici forme di dilagante violenza e nell’urlato becero del mondo dei talk show e dei social. Il neo-liberismo dominante ha fatto perdere ogni misura, siamo affamati di tutto, i nostri desideri non conoscono limiti e quindi non possono essere mai soddisfatti, accumuliamo e non siamo mai appagati, cerchiamo di riempire il vuoto valoriale con degli oggetti, avvitati in una compulsione consumistica senza fine.
Ma è proprio il mondo attuale, distopico e povero di valori, ad avere un bisogno profondo di gentilezza! Gentilezza non formale, che non si esaurisca nel “mi piace” su Facebook ma si traduca invece in una diversa pratica delle relazioni interpersonali. Attenzione però alle misure. Gentilezza non è compiacenza, ossessione di piacere che porta ad annullare la propria natura per ottenere approvazione sociale ed evitare un rifiuto. Gentilezza non è passività, dire sempre di sì e puntare all’approvazione dell’altro magari per ottenere una qualche utilità. Reprimere la propria natura non è gentilezza ma schiavitù mentale, una condizione di simulazione che porta a logoramento e nuove patologie mentali tipiche anch’esse del mondo attuale (people pleasing).
Gentilezza è riscoprire le buone maniere, un insieme di comportamenti che ci contraddistinguono come membri civilizzati di una società, al contrario della diffusa maleducazione che provoca emozioni negative negli altri. Gentilezza è l’esercizio attivo di empatia, un atteggiamento che si traduce in una relazione con il prossimo basata sull’accoglienza, sulla tolleranza, sull’ascolto e sulla fiducia. È un modo di esser della personalità che si manifesta con la condivisione. È porci in posizione di ascolto, esprimere con coerenza i propri bisogni ed ascoltare gli altri in modo che le parole non siano soltanto udite, ma comprese. È generosità, umiltà e disponibilità che parte dall’anima per divenire fatti concreti. Gentilezza è un dono che una persona sceglie senza pretendere nulla in cambio, è un ponte che porta verso l’altro con tutti i rischi che questo viaggio comporta. Occorre però volerlo quel ponte verso l’incognito del nostro prossimo, e la gentilezza è la disponibilità a voler attraversare quel ponte.
Il Dalai Lama ha detto che certe idee all’inizio sembrano utopiche, ma con tenacia e consapevolezza possono essere raggiunte. Anche se una cosa sembra impossibile, il tentativo ci migliora, ci dà speranza e dona un senso e una direzione a tutta la nostra vita. Anche noi vogliamo provare ed insegnare l’esercizio della gentilezza, fino ad essere tutti migliori….e la pratica della gentilezza sarà sicuramente contagiosa!